Estrazione a freddo: importantissima per la qualità dell'olio
Cosa significa “estrazione a freddo”?
Estrazione a freddo vuol dire che la temperatura, durante il processo di spremitura delle olive e di gramolatura della pasta, non deve superare i 27° centigradi. Al di sopra di questa soglia decresce la qualità dell’olio. Aumentando la temperatura si facilita l’estrazione, ma si compromettono alcune caratteristiche importanti e ciò incide sul profilo organolettico dell’olio. Emergono le note dolci e si perdono il fruttato e le sensazioni vegetali.
Esiste la “prima spremitura”?
La “spremitura a freddo” è un metodo meccanico per estrarre oli vegetali senza trattamenti chimici. Secondo le direttive dell’Unione europea la dicitura “estrazione a freddo” può essere indicata in etichetta se la lavorazione con l’impianto continuo (cioè estrazione tramite centrifuga) è fatta a non più di 27°; “Spremitura a freddo” se l’estrazione avviene con sistemi tradizionali, cioè con le presse e fiscoli.
C’è anche la “seconda spremitura?
“Olio di prima spremitura” è un anacronismo, una espressione senza significato. La seconda spremitura si faceva quando ancora non esistevano le presse idrauliche, ma si contava sulla forza degli animali o delle braccia dell’uomo. Allora, per estrarre tutto l’olio, si faceva probabilmente due o anche tre pressature. In quel caso “prima spremitura” stava a indicare l’olio di migliore qualità. Oggi per estrarre olio dalla sansa si usano i solventi e si ricava olio di sansa.
Cos’è la raffinazione ?
Gli oli che non sono extravergine o vergine (perché hanno un’acidità superiore al 2 % o hanno difetti organolettici rilevanti) si chiamano lampanti e possono essere utilizzati per l’alimentazione solo dopo un processo industriale (Raffinazione o rettifica) che ne corregga i difetti. Prima di tutto l’olio è trattato con una soluzione di soda che riduce praticamente a zero l’acidità. L’acidità (cioè gli acidi grassi liberi) con la soda si trasforma in saponi. L’olio è poi “lavato” con l’acqua che scioglie i saponi allontanandoli dall’olio. L’olio è così neutralizzato o deacidificato. Con la decolorazione le sostanze ossidate presenti in un olio “lampante” sono eliminate con “carboni vegetali” attivati o terre decoloranti. Alla fine di questa seconda fase l’olio ha un colore giallo paglierino molto tenue, simile al colore degli oli di semi. Infine con la deodorazione l’olio è riscaldato a oltre 200°C. Ciò elimina qualsiasi odore sgradevole. Alla fine di questa fase l’olio “rettificato” è praticamente inodore e ha un lieve gradevole sapore di mandorla. Scopri come noi produciamo il nostro olio extravergine di oliva biologico.
Estrazione con i solventi
La sansa vergine, ovvero il residuo secco che rimane delle olive molite, contiene ancora minime quantità di olio. Per poterlo recuperare la sansa è mandata nei sansifici dove subisce un processo di essiccazione. Successivamente è mescolata con un solvente (l’esano) che scioglie tutto l’olio che resta. A questo punto la parte solida è separata dal solvente che, contenendo olio, è definito esanolio. Il solvente è poi separato per distillazione e abbiamo così l’olio di sansa grezzo che ha alta acidità, un sapore sgradevole e contiene tutte le sostanze ossidate che si erano formate durante lo stoccaggio della sansa. Per diventare commestibile deve essere sottoposto al processo di raffinazione. Si ricaverà olio raffinato di sansa che è un prodotto debolmente colorato, inodore, insapore.